Nel nostro articolo su Bright, avevamo anticipato che avremmo dato la parola ai partecipanti attivi dell’iniziativa, nonché docenti e ricercatori di Firenze.
Oggi abbiamo il piacere di conoscere Fabio Martini, professore ordinario di Preistoria e Protostoria e Paletnologia. Proviene dal Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo, il SAGAS. Non solo. Attualmente è direttore del Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria e conduce scavi soprattutto nell’Italia Centro Meridionale, ma anche in Eritrea e Sudan. Da ricercatore è concentrato sulle culture del Paleolitico e del Mesolitico.
Professore, abbiamo visto che lei fa ricerca anche sul campo, e che si occupa di Preistoria e Protostoria. Può spiegarci in cosa consiste il suo lavoro da ricercatore?
Consiste nella ricostruzione dei modi di vita delle popolazioni preistoriche, della loro integrazione con l’ambiente, delle dinamiche culturali tra gruppi umani diversi, al fine di ricomporre un quadro storico che si basa non sulle fonti scritte, come nel caso delle civiltà munite di scrittura, ma solo sulle produzioni che testimoniano dei saperi materiali e immateriali.
L’archeologia, in tutti i suoi aspetti (dalla preistoria all’archeologia classica, all’archeologia orientale al medioevo, sino ai settori metodologici) non è in cima ai pensieri dei nostri politici e dei nostri amministratori. Questo genera una ricaduta finanziaria scarsa e inadeguata, proporzionale alla scarsa attenzione istituzionale riservata alle scienze archeologiche; ma questo fenomeno non coincide con la crescente richiesta di informazione e di cultura della memoria che la popolazione presenta, sia nelle scuole di ogni ordine e grado sia nell’alta formazione. Alla inadeguatezza delle risorse deve necessariamente far riscontro un impegno personale, con il coinvolgimento di enti locali (soprattutto i comuni dei territori ove sono localizzate le evidenze archeologiche, comuni che spesso lamentano bilanci precari) senza i quali la ricerca non potrebbe proseguire. Il medesimo impegno personale, con scarsa attivazione istituzionale, è necessario per la divulgazione ne la valorizzazione.
Fondamentalmente l’incremento delle risorse finanziarie per le ricerche. Occorrerebbe migliorare però anche l’offerta formativa e della docenza universitaria nel settore archeologico… e infine un migliore coordinamento tra MIUR e MIBACT.
Non trovo prioritario informare le famiglie sulla giornata tipo, ma sui risultati della ricerca. Il nostro lavoro è importante in quanto ricostruisce il passato e consente di risalire, nelle civiltà antiche, a come l’uomo ha impostato la sua storia, è un lavoro sulla memoria che deve entrare come sistema nelle scienze educative e formative. L’aspetto quotidiano del ricercatore è secondario. Altra cosa sarebbe informare in modo approfondito sulle metodologie e ampliare le conoscenze anche in rapporto a possibilità professionali.
Resistere, resistere, resistere, utilizzando una formula già proposta in ambito politico.
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