La poesia spesso permette di sopravvivere, di riscoprire in fondo a se stessi quei sentimenti che credevamo perduti. Scriverla è un processo simile a un’eruzione vulcanica, un’urgenza immediata, mentre per leggerla abbiamo bisogno di fermarci e di distoglierci dagli impegni quotidiani: ecco perché non la leggiamo più. Non prendiamo più l’iniziativa di comprare un libro di poesie. Preferiamo un romanzo che si può sfogliare in treno, alla fermata dell’autobus o nella sala d’attesa del dottore. Ci siamo dimenticati della poesia. E la nostra vita si è impoverita.
Qui si inserisce il Movimento per l’Emancipazione della Poesia, nato nel Marzo del 2010 per riportare la poesia dove non c’è: per le strade, tra la gente che corre a lavoro o chissà dove e che a volte, per un attimo, si ferma. E rimane spiazzata. Perché sul muro non trova una dichiarazione d’amore scritta con una bomboletta o uno scarabocchio, ma una pagina in formato A4 con sopra una poesia. Come se qualcuno l’avesse strappata da un libro e l’avesse attaccata proprio sotto i suoi occhi.
I ragazzi del M.e.P. non vogliono essere assimilati alla Street Art, con la quale condividono soltanto il luogo di diffusione della loro espressione artistica: perché la loro opera d’arte nasce altrove, in solitudine, ed è sempre riproducibile. E, oltre all’attacchinaggio, i ragazzi utilizzano altre tecniche per introdurre la poesia nella vita delle persone in ogni modo possibile, cogliendo di sorpresa fuori dal contesto in cui ci si aspetterebbe di trovare letteratura.
A Firenze il M.e.P. conta una ventina di iscritti: in tutta Italia circa una settantina.
Di base il movimento nasce per trascinare anche a forza la poesia fuori dalle case, fuori dai cassetti, e invitare le persone a contribuire: a volte alcuni aggiungono dei versi a penna accanto a quelli stampati, altri cancellano parole, altri ancora strappano il foglio. Per i ragazzi del M.e.P., ogni forma di interazione con le poesie è positiva. Anche il tentativo di distruggerle. Le poesie sono fatte per venire alla luce, per essere condivise e anche violentate. L’importante è che se ne parli e che se ne comprenda il valore.
Ph credits: Laura Bonaiuti; http://mep.netsons.org/beta/
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